domenica 31 agosto 2014

La capitale dell'impero

Bisogna ammettere che Washington D.C. ha qualcosa di diverso rispetto alle città degli Stati Uniti che ho visto fino ad ora: è la capitale dell'impero e si rende perfettamente conto di esserlo.
Ogni cosa qui è pensata per ricordare a indigeni e turisti che questo è il posto dove si prendono le decisioni per tutto il mondo (cosiddetto) "occidentale", e anche un po' per quello orientale... granelli di sabbia che trasudano il potere della classe dirigente di questa parte di mondo.

La gente di qui si rende conto, a livello più o meno conscio, di essere al centro del "mondo moderno", lo senti da come parlano, da come respirano; gli abitanti di Washington D.C. sono in un qualche modo diversi da quelli di Albuquerque o Atlanta: sempre americani ovviamente (dio, ho visto le loro ciambelle e ho capito tante cose), ma chiaramente "cittadini", anzi, "capitolini".

Il richiamo a Roma e all'impero romano e' fortissimo e chiaramente voluto. Tanto per cominciare c'e' il campidoglio (U.S. Capitol) che e' un evidente richiamo architettonico a ben altra cupola e piu' in generale tutti gli edifici del Triangolo sono costruiti in stile neoclassico.
Poi c'è il National Mall, che tutti noi abbiamo visto in qualche film, ma non so se tutti hanno capito a cosa è ispirato...

Sia chiaro, non che l'ispirazione gli venga solo da Roma, del resto anche i romani si erano ispirati a qualcun altro e Washington D.C. non puo' essere da meno di Roma, percio' ecco qua, il Lincoln memorial, l'onore al presidente che ha riunificato l'impero quando stava per sgretolarsi, e bisogna che sia speciale, che abbia una sua sacralità monumentale, che guardi il Mall dall'alto e lo sovrasti col suo sguardo divino: ricorda niente?

E saliamo al Lincoln memorial e vi entriamo, perche' troppe volte lo abbiamo visto nei film, nelle nostre fantasie: è un luogo di culto, non tutti i turisti si rendono conto del significato che un americano da a quella statua dallo sguardo impassibile e benevolo, tantè che bisogna mettere un cartello "Quiet: respect please" come nelle chiese. Chissà perché le chiese vengono rispettate e quello no...

Uscire poi dal Lincoln memorial fa venire in mente tanti di quei film che è praticamente impossibile elencarli: discorsi alla folla, dischi volanti, concerti, scimmie parlanti... a ciascuno il suo!, di certo ogni abitante dell'impero, centro o periferia, ha già visto questi luoghi un miliardo di volte, sbaglio?, eppure starci dentro è comunque una strana emozione quasi adolescenziale. Tutto sembra al contempo così vero eppure così finto...
Strano popolo questo, così fiero, così misero, così assurdamente classista là dove credono di essere il sinonimo stesso della democrazia. Hanno tutto, ma proprio tutto, è solo una questione di quantità e angolazione: basta entrare in un negozio di souvenir e prestare sufficiente occhio ai dettagli, altrimenti è fin troppo facile lasciarsi un po' prendere la mano...



E poi ancora, la casa dell'imperatore, il trionfo della potenza rude e benigna del governante, bianco e lucente come il sole delle la giustizia, candore ed estasi...


...o quasi!, del resto, come si diceva, qui c'è tutto, basta cercare bene, cambiare angolazione, guardare ovunque: puoi perfino trovare dei pomodori che sappiano di pomodoro, basta pagare!
Eggià, perche' qui i ricchi sono quelli che mangiano i pomodori, i poveri non possono permettersi frutta e verdura, costa troppo, devono andare da MacDonald (o qualche suo parente che a noi per fortuna non è arrivato) e morire di diabete indotto a quarant'anni: tanto un Homer Simpson in meno non fa grossa differenza.

Ultima tappa il Jefferson memorial, lievemente (su scala americana) discosto dagli altri monumenti: bisogna allontanarsi dalla calca e aggirare il laghetto artificiale per raggiungere questo secondo tempio (questa faccia non mi è nuova...) e il suo maestoso inquilino.


L'illuminato, il padre, il liberatore, il democratico, la luce e l'orgoglio dei suoi sudditi. Qui il silenzio si riesce a mantenere: sarà il laghetto?, la distanza?, la posizione "strategica"? Qui gli americani si levano il cappello e si possono sentire solo voci europee e asiatiche, ma a tono basso, rispettoso: è l'ambiente intorno a ispirare calma, meditazione e solennità.
Ai miei occhi europei, la figura di Lincoln è decisamente più pulita, meno ambigua di quella di Jefferson: per fare un esempio uno aveva una posizione chiara sui diritti umani dei neri, l'altro sosteneva di credere nell'uguaglianza degli esseri umani ma evidentemente gli schiavi non rientravano nella categoria... L'ambiguità di questo popolo che ci governa mi confonde, non riesco a permearla del tutto.

Alla fine di tutto mi ritrovo a pensare a come deve essere apparsa Roma agli occhi di un greco duemila anni fa (anno piu', anno meno) e immagino che l'impressione fosse in un qualche modo simile: puoi vedere l'orgoglio smisurato riguardo l'esercito più formidabile del proprio tempo, l'ostentata potenza e maestosità imperiale... Qui tutto è enorme, massiccio, glorioso.

Forse è per questo che il mio senso di spaesamento è meno accentuato rispetto a quella volta ad Atlanta o quell'altra in NewMexico: del resto nelle mie vene scorre il sangue di quelli che duemila anni fa erano gli omologhi di questi rozzi e potenti bifolchi. Anche la loro notoria apertura mentale alle altre civiltà richiama quella romana: infondo non erano che bruti ma efficientissimi soldati, che hanno conquistato il mondo con le spade ma l'hanno fatto proprio accogliendone a braccia aperte la cultura, la lingua, gli dei.

E la domanda che sorge spontanea è: quanto manca al crollo dell'impero?, siamo davvero vicini come può sembrare?, ne vedrò la fine?

1 commento:

  1. Già, e scommetto che il vero inno nazionale che risuona ogni mattina dalle radio di ogni americano sia questo:
    https://www.youtube.com/watch?v=-bzWSJG93P8
    "Cumunista, cribbio!"
    Ps: bella analisi, un po' inquietante, ma interessante!

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