mercoledì 24 settembre 2014

Marlene Kuntz - Pansonica [2014]

Copertina dai colori psichedelici: rosso acceso, fucsia (anzi, fuschia) e verde acqua. L'immagine evoca qualcosa ancestralmente legato al pensiero di Marlene, vai a sapere perche'; i volti di Tesio, Godano, Bergia e Lagash, da sinistra a destra, compaiono al centro come fantasmi. Il nome del gruppo capeggia in alto con il vecchio marchio rettangolare: bianco senza sfondo "Marlene", trasparente su sfondo bianco "Kuntz". Il titolo dell'album in basso, si nota appena.

Play.

Correva l'anno 1994, ci si avvicinava con emozione e timore al nuovo millennio, Silvio Berlusconi vinceva le elezioni per la prima volta, Kurt Cobain si piantava una pallottola in testa, veniva inaugurato il tunnel della Manica e Andrew Wiles dimostrava al mondo l'Ultimo Teorema di Fermat.
Venti anni fa. Venti, un numero che fa impressione.
In questo contesto quattro ragazzetti di Cuneo davano alla luce un album che avrebbe cambiato l'ascolto della musica in Italia: i ragazzetti si chiamavano (in ordine rigorosamente alfabetico) Cristiano, Gianluca, Luca e Riccardo, l'album Catartica.

Io avevo undici anni, anzi, dieci per i primi otto mesi e undici per i restanti quattro; ricordo la mattina in cui si seppe che Berlusconi aveva vinto le elezioni, l'effetto che fece in casa; ricordo la morte di Cobain, le lacrime sincere di bambina che ho versato; ricordo le immagini del tunnel al telegiornale, il senso di paura e meraviglia che generava in me l'idea di andare sott'acqua con la macchina.
Gli altri due avvenimenti non li ricordo, all'epoca non mi erano arrivati, eppure col senno di poi sono quelli che hanno influenzato maggiormente la mia vita da adulta: buffo, no?
La storia dell'Ultimo Teorema di Fermat e' una di quelle che possono affascinare una ragazzina di quinto superiore che si trovi nella spiacevole posizione di dover decidere se seguire la sua passione infantile e istintiva iscrivendosi a fisica o assecondare il nuovo impulso dato dalla scoperta di quanto possono essere belle e rassicuranti le dimostrazioni iscrivendosi a matematica.
Catartica beh... tutti sanno del mio amore incondizionato per i Marlene Kuntz e ho gia' accennato al valore che ha per me questo disco.

Vent'anni e mille vite fa.

I cuneesi hanno deciso di festeggiare l'anniversario incidendo e rilasciando un EP, sette tracce che sembrano nuove ma in realta' sono ancora piu' vecchie: le suonavano in sala prove quando ancora erano cuccioli, quando c'era ancora Alex Astegiano alla voce, quando c'erano le suppellettili, quando erano loro a chiedere ai locali di farli suonare e non il viceversa. Sette tracce che all'epoca non hanno trovato posto in Catartica o Il Vile e poi non hanno avuto piu' senso, perche' nel frattempo Marlene si era evoluta: solo una, "Donna L", era stata registrata live e la conosciamo tutti nella sua versione ultrapotente di Come di Sdegno, le altre erano nascoste in qualche vecchia audiocassetta fusciante mandata allora in giro per case discografiche ed evidentemente mai presa sul serio... purtroppo.
Anzi, per fortuna, perche' cosi' noi adesso possiamo sentirle in una versione ripensata dopo vent'anni di carriera.

In qualita' di fan a-critica (sic!) e appassionata mi vanto di possedere alcune di queste rarissime perle (e altre che non hanno trovato posto neanche su Pansonica) in una versione mp3 ancor piu' frusciante di quella vecchia audiocassetta che mi aveva fatto innamorare sedici anni fa.
Ma Pansonica e' un'altra cosa per fortuna. E senza nessun "purtroppo" a fare da contraltare, anzi, e' proprio questo il bello.

Perche' in Pansonica ci sono quelle canzoni di piu' di vent'anni fa e ne riconosci l'energia, la potenza, l'allucinazione e l'isteria, ma sono suonate oggi, con la sensibilita' e la maturita' che contraddistinguono i Marlene Kuntz degli anni dieci.
Brani vecchi che suonano come nuovi, o brani nuovi che suonano come vecchi?, onestamente non sono troppo sicura che una delle due definizioni si adatti meglio dell'altra. Perche' e' vero che il corpo di questi brani e' stato pensato vent'anni fa, ma dentro la versione che sentiamo ci sono venti anni di carriera, esperimenti, storie, emozioni, racconti, riflessioni, figli che nascono, amici che se ne vanno, eterni amori che si sgonfiano... vita!, e si sentono tutti, lo giuro.

Registrato in presa diretta (essere cresciuti non e' mica male...) prende vita nelle orecchie dell'ascoltatore: Godano ci mette dentro se' stesso come sempre, ma ora e' in grado anche di indirizzare oltre che lasciar fluire l'emozione, Bergia picchia con la solita potenza, ma ora ci mette dei colpetti raffinati qua e la' che li senti e ti viene da sorridere con compiacimento, Tesio ha la stessa commovente eleganza e poesia armonica (il classico passaggio arabo-rock marca Tesio mi e' entrato sotto la pelle, o almeno questo dicono di me quelli che mi hanno sentita improvvisare... chiedo scusa maestro, ho rubato, ma giuro di non essermene resa conto!), ma ora il tocco e' piu' morbido, fluido, caldo.

Lo ascolto, lo riascolto, e ci sento dentro i ventenni degli anni novanta e i quasi-cinquantenni degli anni dieci allo stesso tempo, fa un'impressione incredibile; l'esplosione fresca e genuina del ragazzetto e la maturita' dell'adulto convivono in un modo che non mi era mai capitato di sentire prima.
Come si fa a fare una fotografia di un ragazzo che e' diventato uomo immortalando contemporaneamente il ragazzo e l'uomo? Pansonica, tutta Sonica, ecco la risposta: ancora una volta questi signori riescono a produrre qualcosa di assolutamente originale, bello e imprevedibile, non sanno stare fermi, non ne sono capaci. A loro va tutta la mia ammirazione, tanto per cambiare.

Ci sara' sicuramente chi dira' che siccome non avevano idee hanno riciclato le idee vecchie, o che stanno cercando di riprendersi quel pubblico che li ha abbandonati perche' non sono piu' i Marlene Kuntz "di un tempo" (ma poi di quale tempo?, l'evoluzione a me e' sempre parsa cosi' fluida...) e pero' ormai e' tardi e via dicendo: chissa' come mai i duri-e-puri del cosiddetto "indie-rock" nostrano non riescono a mandar giu' i cambiamenti, come chi a suo tempo non aveva mandato giu' i CSI perche' non erano piu' come i CCCP... misteri!
Per quel che mi riguarda forse e' vero che sono una fan a-critica dei Marlene Kuntz: ebbene, se questo e' quello che fanno e regalano al pubblico da vent'anni (sedici per quel che concerne me, ma vabbeh) sono estremamente orgogliosa della mia a-criticita'.


Lista delle tracce:

Sig. Niente
Parti
Sotto la luna
Ruggine
Donna L
Oblio
Capello Lungo

martedì 16 settembre 2014

Hyaena Reading - Europa [2013]

Terra spoglia, grigia, sabbiosa e morta, le ossa di un animale ormai in decomposizione, grigie anch'esse, al centro; quattro ombre si allungano dal basso verso l'altro protendendosi verso la carcassa: animali che si nutrono del cadavere. Il nome del gruppo e' in alto a sinistra, il titolo dell'album in basso a destra, entrambi poco piu' che accennati.

Play.

Ho lasciato passare fin troppo tempo da quella serata al pigneto, ma mi ci e' voluto un po' per assimilare questo album, non sono neanche sicura di averlo fatto del tutto ma vabbeh. Le impressioni che avevo avuto a marzo sono ben piu' che confermate: e' davvero un gran bel lavoro, intenso, ben suonato, coinvolgente, inquietante esattamente la' dove vuole esserlo.

Riconosco le scelte sonore di quello che avevo a suo tempo soprannominato "il tesista", si sente davvero che e' un ascoltatore dei cuneesi e che da loro ha preso lo stile chitarristico, godo l'impeccabile ritmica dell'altro, "il timido", la colonna portante che da corpo a ogni brano, sento il tappeto sensuale elettronico della fanciulla dagli occhi chiusi e il paroliere da qui non sembra freddo come mi era apparso quella sera, anzi, a tratti mette i brividi.

E' un disco omogeneo e ben strutturato, difficile da descrivere senza rischiare di sembrare ridicoli; si leggono in giro definizioni e accostamenti che sembrano buttati la' tanto per far vedere che si conoscono un sacco di cose: quel che pare a me e' che ci sia della personalita' fortissima dietro la scrittura di musiche e parole presenti in questo album, e che non la si possa davvero incasellare in accostamenti piu' o meno azzardati.
Scariche di elettricita' dissonanti, ritmi a meta' fra il blues e il progressivo (cosa c'e' a meta' strada? mah...), rumori di plastica stropicciata o coltelli che si scontrano in battaglia, parole scelte col cesello e limate in modo da essere affilate come rasoi... e musica perdio!, musica buona e ben suonata.
Questi ragazzi si fanno testimoni cruenti del macello sociale che sta colpendo il vecchio continente in attesa della rivalsa ("Se resisteremo fino all'alba non dimenticheremo: sara' sangue e vendetta") e lo raccontano con le loro chitarre, con le loro grida, con i loro occhi, le loro mani sugli strumenti: i loro trascorsi a fare da collante.
Il tutto e' pervaso da un senso di nausea e allucinazione: anche quando si tratta di parlare di un rapporto amoroso lo fanno con una qualche violenza crudele e perversa, perche' forse non e' di un rapporto amoroso che si sta parlando, non davvero.
Intimi, crudeli ("Caccero' gli uccelli, quelli rimasti"), dolorosamente consapevoli ("perche' noi ci fidiamo, cazzo!"), intesi. Bravi, poco altro da dire.

Non e' un ascolto immediato per chiunque, bisogna dirlo, ma lo consiglio caldamente ad ascoltatori abituati alle dissonanze e/o orecchie raffinate. E consiglio di acquistarlo perche' merita davvero.


Lista delle tracce:

Mouches
Sacrifices
Portus Namnetum
In netta ripresa
Europa
Uccidine uno
Vendetta
Atto d'amore
Preghiera per il mio deserto
Di pietra
Ogni errore
Steam, vapore, vapeur