sabato 24 gennaio 2015

Thurston Moore - The best day [2014]

Una foto vecchia, in bianco e nero, una donna immersa in acque calme, forse un lago; indossa una specie di cuffia e da quel che si intravede del costume potrebbero essere gli anni quaranta; ha il busto fuori dall'acqua per tenere in braccio un cane: guarda in macchina, qualcuno le sta scattando quella foto, sorride: quel sorriso ha qualcosa di familiare... Un cerchio blu in alto a sinistra, una specie di bollino, contiene il nome dell'autore e il titolo dell'album. Dopo una breve ricerca si scopre che la donna nella foto altri non e' che la madre di Moore in una foto d'epoca: fa un certo effetto.

Play.

Sono passati esattamente tre anni dal divorzio che a suo tempo ha sconquassato gli animi di milioni di fan sparsi per il mondo e piu' di tre anni da Demolished Thought, l'album che, a saperlo ascoltare (e vi prego di osservare le date), spiegava le motivazioni di quel che sarebbe successo. Dopo un altro anno e mezzo fu la Gordon a confermare per prima la mia teoria e ormai e' cosa nota a tutti.
Ecco le premesse con cui mi metto all'ascolto di questa nuova uscita dell'eterno ragazzo ed ex giovane sonico; d'accordo, c'e' stata l'esperienza Chelsea Light Moving, ma qui il Nostro mette solo il suo nome sulla copertina, dunque l'album e' esclusivamente suo, la musica e' sua, le emozioni sono le sue: ridurre a questo il lavoro sarebbe ridicolo ma lo sarebbe anche ignorare il contorno.

Detto cio'.
Mister Moore torna a quelle sonorita' con cui tutti quanti abbiamo imparato a conoscerlo e amarlo: passata l'epoca del tormento e raggiunta una specie di serenita', passata l'epoca della rabbia e della frustrazione, rappacificatosi col col mondo, torna ad imbracciare la fedele Jazzmaster e suona otto brani che tutto sommato avrebbero potuto stare abbastanza bene in un disco dei Sonic Youth: la presenza di Steve Shelly alla batteria rimarca oltremodo questa sensazione.

No vabbeh, sto esagerando, non ci sono dentro solo i Sonic Youth: c'e' qualcosa di nuovo, di diverso, l'esperienza londinese, una rinnovata vitalita' che negli ultimi album dei newyorkesi si era (a mio modestissimo parere) inevitabilmente perduta. C'e' addirittura del sano Rock&Roll, di quelli che vogliono essere ballati e basta: suona perfino un assolo, elemento davvero inedito nella discografia del nostro. Ci sono anche le chitarre acustiche, ormai definitivamente sdoganate.

Pero' ci sono soprattutto le sue divagazioni dal ritmo punk e le scale armoniche glennbranchiane, tanto tipiche del suo stile che mentre lo ascolto sorrido, perche' mi rendo conto che aveva ragione quel mio amico quando diceva che nelle mie improvvisazioni ci sta dentro tanto Moore quanto Tesio (un migliaio di gradini sotto, ov cors), perche' lo stile e' quello, il suo di sempre, inconfondibile, magico, ma quello e' e quello rimane: non se ne esce. Perche', come si dice dalle mie (ex)parti, chi nasce tondo nun po' mori' ar Quadraro: quella e' la sua musica, quello e' il suo modo di esprimersi, e se in un periodo confuso della sua vita ha provato a far dell'altro si capisce, ci sta, ma prima o poi era inevitabile che la tempesta si calmasse e lui tornasse a suonare la sua musica di sempre.
Del resto certe cose se le e' inventate lui, sono la sua creatura...

...ma devo dirlo, l'idea che fa capolino nella mia testa e' un po' forte e tanto per cambiare non posso esimermi dallo scriverla.

Chissa', forse mister Moore ci sta ripensando, forse inizia a sentire il rimpianto della scelta compiuta... d'accordo, vive sereno e innamorato ("Forevermore" e "Tape" sono ovviamente rivolte alla sua Mina Loy), scrive degli ottimi riff e se la gode, ma forse i Sonic Youth gli mancano piu' di quanto non sia disposto ad ammettere neanche con se' stesso, tant'e' che chiama alla batteria un vecchio amico: no, non potrebbe chiamare Ranaldo per l'altra chitarra, troppe implicazioni emotive, ma lo vorrebbe eccome! E verosimilmente gli manca anche la Gordon, anche se ovviamente in un modo troppo contorto perche' possa accennarlo.

Tutto sommato, per quanto lui possa far finta che non e' vero, la conseguenza naturale degli ultimi anni bui e' che quello che era un eterno bambino adesso e' finalmente cresciuto e gli e' rimasta addosso parecchia amarezza: dispiace pensare che forse non se ne liberera' piu'.

L'insieme e' buono e regge: non si grida alla novita' o al genio, ma la classe e' immensa e l'ascolto piu' che gradevole, quindi tutto sommato va bene cosi'.


Lista delle tracce:

Speak to the wild
Forevermore
Tape
The best day
Detonation
Vocabularies
Grace lake
Germs burn

giovedì 15 gennaio 2015

Cartolina da Bali, parte 2

Continuo il mio resoconto balinese. Il sistema di trasporto a Bali è fondato essenzialmente su motorini (per i locali) e auto a noleggio con autista (per i turisti). Scorrazzare in motorino per le strade lungocosta è stato divertente e diciamo che con il continuo tentare di evitare cani, gatti, marmocchi, galli, galline, pulcini, capre, e vari altri animali da cortile non ci siamo annoiati! Ma visto che ci è cara la vita, gran parte degli spostamenti sono stati fatti tramite ncc, tra cui una bella gita nell'entroterra.

 La suddetta gita è consistita fondamentalemente nel vagare da un tempio all'altro cercando di un po' di quiete, che abbiamo trovato nel grazioso orto botanico ma soprattutto nelle magnifiche terrazze di risaie: una vallata, enorme, completamente terrazzata, in cui il cielo plumbeo si rifletteva nell'acqua delle risaie, facendole sembrare colme di argento liquido, il tutto contornato da questo verde brillante tropicale, insomma una cosa meravigliosa.
 Altro punto notevole è il tempio di Tana Lot, praticamente un Mont Saint Michel de noartri: arroccato su scoglio nel mare, inaccessibile in caso di alta marea e squassato dalle onde dell'oceano.Uno spettacolo che non lascia indifferenti, tale da diluire nella sua magnificenza la folla di turisti e pellegrini. Probabilmente fregata dai neuroni specchio, confesso di aver percepito un barlume di quella quiete che solo la fede (o, nel mio caso, monumentali trionfi della natura tipo il grand canyon) sembra poter conferire.

Il resto della vacanza è andata come segue:

Amed, villaggetto tranquillo ad est, sviluppato lungo l'unica strada della zona, strappato al mare da una parte e alla giungla dall'altra: solita storia. Finchè stai nel tuo delizioso bungalow sulla spiaggia privata, con amache e prati all'inglese tutto ok. Appena metti il naso fuori ti vien da piangere. Qui però abbiamo iniziato a capire che il vero tesoro di Bali è sott'acqua: ci siamo sparati un'immersione (anzi due) nei pressi di un relitto che è stata la fine del mondo. Pesci, coralli, il trionfo di una natura rigogliosa e aliena, splendido.

Lovina, squallida cittadina turistica a nord nota per (la caccia a)i delfini. Ci siamo rifiutati di prendere parte al rito barbaro di inseguire queste povere bestie con barche e gommoni, stressandole e spaventandole nella speranza di vederle da vicino. Visto che non c'era veramente nient'altro da fare nè da vedere e il mare era pure brutto, siamo fuggiti il giorno dopo. Memorandum: se si è nella stagione umida di un luogo tropicale, per quanto sia ben recensito MAI ripeto MAI cenare in un ristorante senza aria condizionata situato sopra un forno.

Da qualche parte a ovest di Pemuteran, a ridosso del parco nazionale. Ultima tappa, praticamente metà del nostro soggiorno a Bali. Lo squallore, il traffico, scompaiono e cedono il posto a una molto più dignitosa e pulita semplicità rurale. La comunità induista cede il passo a quella musulmana, niente più offerte floreali per terra sostituite da tante bimbe e donne col velo, dai canti incomprensibili (e talvolta inequivocabilmente stonati!) delle preghiere serali. C'erano quei canti in sottofondo quando ho saputo di Charlie Hebdo: la mia prima reazione è stata di sfogarmi col primo europeo che ho trovato (un tedesco intagliatore di pietre preziose, per la cronaca). Ma poi ho iniziato a godere del privilegio di un punto di vista sufficientemente lontano da rimettere le cose in proporzione. Gli starnazzamenti nostrani sulla guerra di religione tra Islam (tutto, 1.3 milardi di persone, tutte in guerra contro di noi) e Occidente, mi sono apparsi banalmente miope paura, mossa dall'interesse e concimata dall'ignoranza. Per il resto bungalow sulla spiaggia, prati all'inglese, immersioni, come ad Amed, ma in un'atmosfera completamente diversa, molto più rilassata, con questa natura rigogliosa ma non soffocante, i monti alle spalle, il mare davanti. Una vera vacanza ai tropici (senza spiaggia bianca) che alla fine era tutto quello che cercavo.

mercoledì 14 gennaio 2015

Cartolina da Bali, parte 1.

Ieri sono tornata da Bali e a botta calda butto giù le mie sensazioni. Sovrana regna la delusione: mi aspettavo di andare in vacanza e invece quest'isola mi ha costretto ad viaggiarci dentro, mi ha invitato subdolamente al relax solo per schiaffeggiarmi più sonoramente.
 E' stato evidente da subito che viene chiamata l'isola degli dei perchè per poterla apprezzare devi guardare in alto e non certo per misticismo o spiritualità. Devi scavalcare con lo sguardo la povertà, lo squallore, la sporcizia, l'arretratezza e soprattutto le frotte di turisti che la soffocano. In effetti sono contenta di essere andata prima che sia troppo tardi: in un'isola grande circa un terzo della sardegna transitano 4-5 milioni di turisti, più 3 milioni di residenti. L'obbiettivo del ministro del turismo è di sfiorare i 20 milioni di turisti annui entro il 2018. Bali imploderà, affonderà come Atlantide, non lo so, ma vi assicuro che 25 milioni di persone lì non ci entrano, a meno di non stiparle come sardine nei resort, e in effetti, il trend è quello.
 Comunque andiamo con ordine: sono stata 12 giorni, suddivisi in 5 tappe, in questo post le prime due, prestissimo le altre tre (Amed, Lovina e il parco nazionale, Pemuteran)

Kuta. Uno apprezza Kuta nella misura in cui è apprezzabile il sistema fognario di una città: se non ci fosse, la merda arriverebbe alle caviglie ovunque, ma certo non è un bel posto dove soggiornare. In questa cloaca indonesiana stagna il turismo di massa e il suo indotto: resort, traffico, periferie squallide, criminalità, traffico, rumore, polizia corrotta, venditori assillanti. Siamo fuggiti dopo meno di 12 ore.

Ubud. La capitale culturale di Bali, dicono. Ora, dobbiamo metterci d'accordo sulla definizione di cultura. Nel senso classico, in effetti si trovano templi particolarmente articolati, gallerie, musei. Ma se sei europeo e hai in mente Roma, Parigi, Barcellona, Vienna, beh, devi cercare di non farti venire in mente Roma, Parigi,  Barcellona o Vienna. Se invece concordiamo su una nozione di cultura più estesa, includendo anche quella del consumo, allora sì: Ubud è assaltata da turisti e risponde a questo assedio con barricate di negozi di souvenir, ristoranti, hotel e surreali negozi occidentali, tipo ralph lauren. Appena svolti un angolo ti trovi in aperta campagna, risaie a perdita d'occhio e finalmente inizi a pensare che non ti sei fatto 20 ore di volo per sgomitare tra tedeschi ustionati, scavalcando immondizia e declinando generose profferte di taxi e mignotte.



martedì 13 gennaio 2015

Lettera 22 - Le nostre domeniche [2014]

Onde, solo onde, acqua marina in movimento, nessun contorno, nessuna tregua, senza neanche il canonico senso di infinito che genera tipicamente la vista del mare: l'immagine e' ravvicinata, il colore e' quello di acqua non-pulitissima in prossimita' della riva, in un tardo pomeriggio di fine estate. Al centro, come ritagliati dal nulla, due rettangoli grigi uno appena sotto l'altro: nel primo il titolo dell'album in grassetto, nel secondo il nome del gruppo, entrambi in puro Times New Roman.

Play.

Ne avevo gia' accennato qualche tempo fa, a seguito di una serata incredibilmente folle e bellissima: dopo plurimi ascolti mi sento finalmente pronta a scriverne.

Si tratta di un album grazioso, senza sbavature, ben congegnato e ben suonato: ottimo pop italico, dolce e non privo di una certa eleganza, da mandar giu' volentieri in un qualche momento sospeso della propria esistenza. Perche' e' di un tempo sospeso che si sta parlando qui, perche' le domeniche non sono che una pausa tra una settimana e l'altra, tra una vita e l'altra. E per dirla con loro c'e' sereno stabile. Si', d'accordo, c'e' della malinconia, ma la sensazione generale e' quella di un respiro sereno in attesa di affrontare nuove battaglie: del resto, come diceva Giolindo, e' di lunedi' che si muore...

Dunque si va in letargo in attesa di una nuova primavera, ci si lascia cullare dalle atmosfere dolci e delicate, dagli arpeggi eleganti, dai bassi morbidi dai ritmi suadenti: per quanto io possa alzare il volume mi resta addosso la sensazione di un album sussurrato, come una ninnananna. E non c'e' uno strumento che si imponga davvero su un altro, scelta apprezzabile d'amalgama e coesione a ben rappresentare un lavoro compatto d'insieme; non posso gridare al nuovo, al genio, all'impatto, ma in questo caso non mi sento di dire che e' importante.

E' prodotto da Paolo Benvegnu' e si sente, o forse si riconosce la mano di Pazzaglia?, o di entrambi? Piu' precisamente Benvegnu' presta qua e la' la voce ai cori, come se sentisse l'urgenza anche lui di cantare con loro, cosa che accade ad ogni ascoltatore per bene se una musica gli entra nelle viscere. E certo mi entra nelle viscere la voce ben impostata di Pierini quando mi dice che "a questo freddo non si puo' rimediare" mentre cammino a -14° (ma 'feels like -22°' secondo i meteorologi locali) lungo la mia Avenida Silencio personale (con la differenza che qui la neve continentale resta neve...).

Devo dire che sarebbe bello sapere la scaletta di quel concerto ora che conosco i pezzi, li distinguo, ho i miei favoriti; di sicuro (?) l'ultima traccia che avevano suonato, quella con la coda noise che mi aveva colpita, coincide con l'ultima traccia dell'album, la traccia-titolo: qui manca della coda noise, ma e' lei, ne sono piu' che convinta.
Il resto, purtroppo, e' nebbia.

Concludendo mi sento di sconsigliare questo album a chi manchi di sensibilita' e a chi non sia in grado o non abbia voglia di prestare attenzione a cio' che ascolta, perche' si rischia di prenderlo sotto gamba. Viceversa lo consiglio vivamente a tutti gli altri: in barba al tipico auto-razzismo che ci contraddistingue, dall'Italia nascono i fior.


Lista delle tracce:

Contanti
I giorni che non c'eri
Continentale
Di un giorno feriale
Finestre aperte
Centimetri
1980
Il sarto
Aironi
Drive in
Ti chiamo per nome
Le nostre domeniche

lunedì 5 gennaio 2015

giovedì 1 gennaio 2015

2015

In nove mesi e ventuno giorni lo sviluppo tecnologico fara' passi da gigante...