sabato 25 aprile 2015

Una notte sotto le stelle

(Vivere dall'altra parte dell'oceano, cominciare ad avere familiarita', non significa che non si continuino a fare esperienze nuove ogni giorno: questa sento di doverla condividere.)

Qualche settimana fa, in un locale dove suonavano dal vivo, ho conosciuto una tipa. Il locale in questione e' un posto di artisti e hippie generici, un posto col menu' "equo-e-solidale" per capirci, ma non altrettanto costoso: inoltre ci suonano musica dal vivo, espongono quadri, organizzano spettacoli vari di artisti (piu' o meno di strada) locali.

Insomma, una sera ero li' e mi introducono a questa tipa, seduta sulla sedia a gambe incrociate con la testa china su un librone: indossa abiti pseudo-indiani, porta anelli e bracciali e ovviamente ha svariati piercing. Il libro sulle ginocchia e' il pezzo forte dell'ensemble: si tratta di un manuale di geometria sacra. Chi mi conosce abbastanza sa che la postura mi sarebbe anche affine, ma l'attrezzatura decisamente no.

Parlando esce fuori che di "mestiere" crea gioielli artistici a mano con pietre energetiche e cristalli potenti (sic!) e li vende (a chi?, quanto se li fa pagare?), pratica il Reiki e legge i tarocchi. Poco piu' di due anni fa avrei alzato un sopracciglio con scetticismo (a voler essere estremamente educati) ma nel frattempo ho visto cose che mi hanno fatto cambiare idea.
Si', io, donna di scienza, ammetto che potrebbero non essere complete fesserie: il fatto che non conosciamo le equazioni non significa che non debbano esserci, infondo cento anni fa non c'erano le equazioni della meccanica quantistica, no?, non credo agli spiritelli, sia chiaro: non escudo pero' che possa esserci una forza nel senso fisico del termine, che non siamo in grado di misurare sperimentalmente e che quindi non sappiamo descrivere in equazioni.
Certo, la tipa in questione non ha un approccio "scientifico", sembra molto piu' felice di una spiegazione "spiritualista" ma sembra anche sinceramente interessata al mio punto di vista.

E' in partenza per l'ovest, raggiungera' il suo ragazzo, si faranno un'immersione totale nella natura quest'estate, poi faranno di nuovo un salto qui a inizio autunno e poi... chissa'?
A fine serata ci scambiamo i contatti con l'idea che lei mi avrebbe letto i tarocchi e poi mi avrebbe spiegato i "trucchi del mestiere". La prendo sportivamente con una certa curiosita'.
Da allora ci siamo viste un paio di volte e ne ho tratto qualche insegnamento: la cosa che piu' mi lascia perplessa e' che la tipa ha un sorriso che non riesco a decifrare davvero, sembra spesso rigida e controllata, cosa che non ti aspetti da un'hippie, ma da tempo ho imparato che i modi nordamericani sono diversi da quelli europei percio' chissa', verosimilmente mi sbaglio. Insomma, ieri sera c'era la sua festa di "compleanno + addio-agli amici", mi ha invitata e sono andata.

La mia giornata era stata lunga: ero andata a Toronto a lavorare, son tornata tardi, ho mangiato al volo, doccia e poi via, nella notte.
Beh no, il posto era troppo lontano: secondo google.maps con l'autobus ci sarebbero voluti piu' di 40 minuti contando un lungo tragitto a piedi nel buio... in macchina solo 7 minuti ma non ho una macchina; in bici mezz'ora ma buio e statale mi frenano. Chiamo un taxi.

Nella notte stellata percorriamo una strada deserta, qualche casa che compare ogni tanto, silenzio profondo intorno. Il tassista decreta la fine della corsa davanti a una casa non diversa dalle altre: grande, isolata, circondata da quello che sembra un giardino enorme.
Busso alla porta con una certa perplessita' e mi vengono ad aprire dei ragazzetti che avranno si' e no vent'anni (i coinquilini della tipa?, la casa e' molto grande e l'affitto va pagato...) e sembrano intimoriti quanto me; mi presento, sorridono, mi fanno attraversare il salone e riuscire da una porta finestra. Lo spettacolo che si para davanti ai miei occhi ha l'aria familiare con qualche nota stonata: sedie disposte a circolo intorno a un piccolo falo', un cerchio di pietre tra il falo' e le sedie (utile o spirituale?) e ragazzi con lattine di birra, djembe, vari strumenti esotici: una chitarra sarebbe troppo "mainstream" per sentirsi a suo agio in quest'ambiente.
Tengo a precisare che si', e' cominciato il disgelo e si', lo scorso finesettimana faceva +18, ma qui esistono dei disreti sbalzi di temperatura: giovedi' sera ha nevicato e ieri sera si stava comunque intorno allo zero: la sensazione e' quella di una serata al Circo Massimo, si', ma a gennaio!, e ovviamente non su asciugamani disposti alla bell'e meglio (troppo freddo) ma su apposite e comodissime sedie da giardino.

Vedo la tipa, mi avvicino, mi vede e mi abbraccia. Le ho portato un pensiero, un regalo di compleanno e un augurio di buon viaggio sicche' ci dirigiamo verso l'interno della casa perche' lei possa scartare e vedere di che si tratta: e' una stronzata ovviamente, solo un pensiero, ma mi ha fatto piacere trovare qualcosa per ringraziarla e augurarle una grande avventura nell'Ovest. Sorride, un sorriso diverso dai suoi soliti, sembra piu' "vero" ma forse e' solo un'impressione. Mi invita in casa per mostrarmi un gioiello che sta preparando per me; "Bella casa" commento una volta entrata "E' di mia mamma" dice lei.
Ah.
Mi porta in camera sua, stanza che profuma di incenso e candele, un acquario su un lato, un terrario sull'altro, contengono rispettivamente una tartaruga marina e una rana.
Il gioiello sta venendo carino, va detto.

Torniamo all'aperto e ci andiamo a sedere intorno al fuoco dove viene proposto un rito: a turno ci presentiamo e diciamo per cosa siamo grati mentre due di loro suonano il djembe, poi la festeggiata propone: "facciamo un bell'Ohm tutti assieme, al fuoco e alla notte". Vabbeh, so' gusti.

Poco dopo mi passano uno dei djembe e la musica (dispiace a dirlo) cambia: non per vantarmi, ma io il djembe lo so suonare davvero, lo ho fatto per anni durante il mio "passato oscuro", un ex direttore d'orchestra una volta mi chiese se avessi studiato percussioni al conservatorio e mi soprannomino' Ravel. Cosi' per dire.
Tant'e' che anche nella notte canadese se ne accorgono tutti.
A un certo punto duetto con un ragazzetto che aveva passato buoni cinque minuti a darsi del cretino per non aver portato la chitarra, e infatti ha l'aria un po' meno fricchettona degli altri: e' bravo col djembe, ha senso del ritmo e non manca di una certa eleganza.
Nel mentre la festeggiata tira fuori due catene di fuoco e si produce in una danza a ritmo: e' davvero brava, non c'e' che dire. Mi sembra di essere tornata indietro di una quindicina d'anni, tutta questa situazione sembra uscita direttamente dai tempi del liceo; comincio a domandarmi seriamente cosa c'entri con me tutto questo: si', occhei, a quindici anni sarebbe stato il mio ambiente naturale, ma capita che io abbia superato quella fase e soprattutto che a queste temperature trovi piu' piacevole il pensiero di essere al chiuso. Con la scusa che il mio fragile fisico italiano non regge la notte canadese mi dirigo verso l'interno dove qualcuno sgranocchia cibo e prende un po' di tepore prima di riuscire (allora non sono l'unica...).

Mentre il mio corpo si abitua lentamente alla temperatura e smette di tremare, la padrona di casa si offre di prepararmi un te' e finalmente comincio a guardarmi intorno.
Sono in un salotto dotato di cucina a giorno, seduta a un tavolo che pare di marmo; sul tavolo un piatto con del sushi, una teglia di cavolfiori al forno e una cofana contenente una salsa di formaggi e spezie varie in cui intingere dei nachos contenuti in un sacchetto "equo-e-solidale". I mobili sono nuovissimi e tenuti in condizione di assoluto splendore, il pavimento e' un parquet perfetto; un enorme scatolone riportante la figura di un tosaerba copre un mobile di legno lucido da cui sbuca un lettore dvd: sopra il mobile un enorme televisore ultrapiatto, pudicamente coperto con una specie di pareo blu e motivi in stile indiano.
Finalmente comincio a mettere a fuoco.
Un gatto siamese dal lungo pelo morbido e perfetto mi viene incontro e si fa accarezzare: chiaramente non e' un bastardino di strada e chiaramente viene nutrito con cibi che costano piu' degli hot dog che vendono nel piazzale dell'universita' da me.

La festeggiata e' davanti a me col tronco sul tavolo di marmo e i piedi su un mobile alle sue spalle: sembra una posa yoga e a sentire i discorsi verrebbe da prendere tutti e sbatterli al muro tanto suonano come quelli di viziatelli che non hanno mai lavorato per pagare l'affitto.
Non ricordo piu' come a un certo punto la festeggiata se ne esce "vegetariana da otto anni!" con una specie di gridolino di soddisfazione, un'altra accanto "vegetariana da dodici!" in una assurda gara a chi piscia piu' lontano: "yeah!" urlano all'unisono, mani al cielo, con l'aria di chi si sente migliore degli altri. Per la prima volta capisco che in un posto dove un hot dog farcito costa meno di una (una!) zucchina esser vegetariani e' sintomo di grande agiatezza.
Una ragazza guarda il sushi con curiosita' e tentazione, la festeggiata e' subito pronta a redarguirla con tono disgustato "guarda che dentro c'e' il pesce, fa un po' te...". Io sorrido e agguanto un pezzo: un po' troppo speziato per i miei gusti (sono una minimalista del sushi) ma buono.
Un'altra ragazza vede un oggetto al centro del tavolo e le si illuminano gli occhi: "facciamo la fonduta!". Cioccolato e fragole.
Non posso resistere un minuto di piu': chiedo scusa alla padrona di casa ma sono stanca, ho lavorato, e' stata una giornata lunghissima e ho bisogno di andare a letto.
Me ne vado.

Hippie de 'sto cazzo.

sabato 18 aprile 2015

Lee Ranaldo and the Dust - Last night on Earth [2013]

Lo sfondo sembra marmo roseo; al centro, come in una bolla, l'immagine di un sentiero mattonato in un parco, edifici in lontananza, un prato e qualche albero ai lati: l'immagine e' lievemente distorta per l'effetto ottico della bolla; Lee Ranaldo in primo piano, mani in tasca, ha il corpo rivolto in avanti ma guarda di lato: tre improbabili macchie, due rosa scuro e una bluastra, sembrano montagne di marzapane sullo sfondo della bolla, ma si sciolgono fin sotto la bolla, entrando nel marmo. Il nome della banda e il titolo sono scritti in alto, a tratti confusi nelle venature del marmo.

Play.

Come ho fatto a lasciar passare tanto tempo prima di aver voglia di recensire quest'album?
I lavori di mr. Ranaldo prima della rottura erano pura e squisita follia, "Between the times and the tides" aveva invece un'aria REMmica (REMmiana?, REMmesca?) che colpiva doppiamente dato l'allora recente scioglimento anche del quartetto Atheniese. Questo e' ancora diverso, sintomo che l'ex giovane (ormai anche lui quasi-sessantenne, ma non e' di eta' che si parla) sonico sta entrando in una nuova fase della sua vita.
Devo dire che una parte di me all'ascolto non riesce del tutto a liberarsi dello spettro di Thurston Moore e della sua rottura, ma mentre quello compone ancora come se fosse il chitarrista dei Sonic Youth, questo fa qualcosa di completamente diverso, cosa che inevitabilmente mi da da pensare.

Thurston si e' innamorato perdutamente di un'altra donna, Kim, dopo una lunga e sicuramente estenuante altalena, ha deciso di riprendersi in mano la sua vita decretando la fine del matrimonio e conseguentemente della band, sicche' infondo forse le vittime pure della rottura della coppia-simbolo sono Lee e Steve, gli amici che si sono dovuti semplicemente adeguare; di Steve non so parlare, da dietro la batteria non sono in grado di capire il suo stato d'animo, sta di fatto che dietro la batteria dell'ultimo lavoro di Thurston ha voluto esserci: Lee e' senz'altro l'amico che non ha voluto prendere la parte di nessuno, almeno ufficialmente, ma ovviamente l'ha presa e si sente in ogni nota.

Eppure sara' l'aria intorno a me che si addolcisce, il cielo che si fa ogni giorno piu' azzurro e gli scoiattoli che sono tornati a scorrazzare nel prato davanti casa mia, ma questo album profuma di primavera, di una ritrovata giovinezza del nostro.
E non tanto per gli esperimenti sonici, anzi, semmai per la loro quasi totale assenza; l'orecchio rimane ammaliato da alcuni (bellissimi) passaggi armonici ma ovviamente no, le scariche elettriche in questo caso non avrebbero potuto spiazzare, e comunque non e' questo il punto: il punto e' che si tratta una bellezza d'insieme, alla scoperta di una serenita' matura che sembra finalmente conquistata.

"This is the best time in my life" dice lui poco prima di arrivare a meta' album, casomai la musica non l'avesse chiarito: chissa', magari e' tutto qui il segreto. Perche' la serenita' dell'autore, passando prima attraverso il cuffione e poi sfiorandoti le orecchie, arriva dritta al cuore, la fronte si rilassa e tu non puoi far altro che sorridere sentendoti in pace col mondo.

E forse e' proprio per questo che ora, oggi, con l'arrivo della primavera canadese (si', dopo la gita in bici di domenica scorsa sul lungolago, con la temperatura a +17° e un sole magnifico, posso finalmente dirlo senza ironia) mi sento finalmente abbastanza in sintonia con mr. Ranaldo da poter scrivere di questo album.
Buon per me.


Lista delle tracce:

Lecce, leaving
Key-hole
Home chds
The rising tide
Last night on Earth
By the window
Late descent #2
Ambulancer
Blackt out

martedì 14 aprile 2015

la buona creanza

Insomma, circolano voci terrificanti sulla possibilità che un nuovo mostro sia in agguato sotto il letto della pubblica istruzione: LA BUONA UNIVERSITA'.
 Pare che sia una creatura a sette teste (gli atenei autorizzati a fare ricerca) orribilmente mutilata, i cui  altri atenei non sono che deformi vestigia destinate unicamente alla didattica.

Ma si sa, queste sono storie che gli strutturati raccontano intorno al fuoco per spaventare i postdoc e non necessariamente la realtà corrisponde a queste fosche previsioni. Infatti molto spesso l'incapacità del legislatore preserva il sistema.

 Ma non è dei dettagli della riforma che volevo lamentarmi, quanto del concetto di riforma in sè. Voglio dire, prendiamo la RIFORMA EPOCALE, by Mariastella-Tunnel-Gelmini, e prendiamo un suo degenere ed dilettantesco frammento: normative in materia di reclutamento dei ricercatori.

 Com'è noto, oggi la carriera universitaria è un calvario (varie salse di ricercatore precario, una selva di norme barocche e contraddittore, vincoli di ogni natura e forma, criteri di valutazione aleatori, se non cabalistici )  Ma tutto ciò impallidisce alla follia totale che era la prima release. Non mi vergogno di ammettere che nel 2011, quando ho letto per la prima volta la legge e ho realizzato le implicazioni, ho pianto per giorni.

Comunque, dopo anni di caos e di interpretazioni nefande, vessatorie e anticostituzionali di questa legge, finalmente si era delineato un trend positivo: la puttanata epocale ha iniziato a cedere sotto i colpi di circolari ministeriali e decreti milleproroghe e una possibilità, teorica e remota, di entrare all'università era stata ristabilita.

  E mo? Un'altra riforma? Altri anni di vuoti normativi, decreti pecetta e ricorsi al tar? No... vi prego no! Non fate niente, lasciate tutto così com'è, è un casino, ma se ci mettete le mani può solo peggiorare.
 
 Del resto la buona università è l'università che facciamo noi, poveri stronzi che ancora ci crediamo e che, come se non bastasse, veniamo perculati dall'universo mondo: "Hai fatto male a rimanere, dovevi emigrare" dicono.... "Ancora stai qua?" dicono... e io ho preso a dire "No, non sono emigrata, sono rimasta ad insegnare analisi 1 a quel semianalfabeta di tuo figlio: lo vuoi ancora il figlio dottore, no?".
 
Quindi, cari governanti non spero più in una buona riforma, ma solo che abbiate la buona creanza di lasciarci in pace.  

lunedì 13 aprile 2015

Andrea Franchi - Tanz! [2015]

Sfondo completamente nero e un volto, quello dell'autore, che ne emerge in primo piano con sguardo da assassino e, in leggera sovrapposizione, di profilo, simmetricamente sia il destro che il sinistro; il tutto e' illuminato da luci colorate che sembrano voler dividere in parti uguali l'immagine e formano cerchi, rosso, giallo, blu: colori primari, essenza ultima delle cose. Il titolo dell'album e' in alto, in bianco, ben evidente, il nome dell'autore e' sotto il suo collo, piccolo, in rosso.

Play.

Un album breve eppure intenso questo terzo lavoro di Andrea Franchi, difficile da inscatolare in qualsiasi classificatore confezionato sulla base della musica (tutta) a lui pre-esistente, neanche voglio provarci: ne risulterebbe un elenco non esaustivo di generi mischiati alla bell'e meglio che comunque non potrebbe rendere l'idea.

Gia' dal primo ascolto quest'album ti seduce con i suoi ritmi, i suoi strani giochi armonici, l'interscambiabilita' assoluta dell'intramontabile schema basso-chitarra-batteria e dei moderni sintetizzatori: non e' un album di genere come non e' (solo) un album di canzoni.
Tanz!, va bene tutto purche' si balli, con tanto di punteggiatura esortativa.

O no?
In realta' e' troppo sghembo per voler essere semplicemente un disco che faccia danzare: gia' dalla prima traccia, mentre si ascolta, l'orecchio rimane sorpreso in troppi punti, perche' si possa davvero ballare senza pensare, ovvero si puo' anche ballare senza pensare, per carita', ciascuno e' libero di fare cio' che vuole, ma cosi' ci si perde il meglio.

No, decisamente non e' pura danza, non solo, si tratta semmai di uno scuotimento mentale piu' che fisico, originato sia dalla musica (di altissimo livello) che dalle parole, che li' per li' possono sembrare buttate a caso e invece a tratti colpiscono e sferzano. Certo bisogna prestare sufficiente attenzione e ascoltare a cuore aperto: ecco si', e' un lavoro che necessita di plurimi ascolti attenti prima che sia possibile cominciare ad afferrarne l'essenza.
Ed e' un disco di alta classe e merita di essere trattato come tale.
Ti invita a liberarti e danzare (col corpo?, con la mente?), ma non appena cominci a farlo ti taglia le gambe e ti costringe a fermarti a pensare: un colpo, un respiro, una frase esatta, una nota, uno strumento che compare dal nulla e nel nulla scompare. E tu rimani li' inebetito, sospeso e sorpreso.

Per chi non lo sapesse, trattasi di quello stesso Franchi che, con percussioni, cori, chitarre acustiche e via strumentando, ha recentemente contribuito a questo nonche' a tutti i capolavori che lo hanno preceduto (si veda anche questo) e ora posso dire con sicurezza che se ne riconosce la mano: alcune scelte stilistiche provenivano chiaramente dal gusto di Franchi, ed e' fortunato (bravo?) Benvegnu' per essersi circondato di artisti di tal fatta.
O forse piu' semplicemente certe anime non possono che finire per incontrarsi, chissa'.
"La piu' grande conquista dell'uomo e' la sconfitta" e' scritto in rosso su nero all'interno del contenitore di questo 'Tanz!': non so spiegarlo, ma a quanto pare il collettivo-Benvegnu' sembra voler continuare a camminare al mio fianco e non posso che esserne grata.

Qualche mese fa ero venuta a conoscenza del "crowdfunding" volto a finalizzare la produzione di questo lavoro e ho aderito con gioia, convinta, dati i suddetti precedenti illustri, che l'autore promettesse assai bene: beh, a oggi non posso che dirmi soddisfatta e fiera di aver contribuito, e vedere il mio nome comparire nei ringraziamenti, messi a mo' di titoli di coda, e' una discreta emozione e un grande onore.


Lista delle tracce:

Divoratori
Occhio ragazzi
Guarigioni
Doppio delitto
Kitchen
Rodeo
Conquistata sconfitta
Immigrazioni
Zucchero nero
Tanz!

venerdì 10 aprile 2015

Passaggio di cintura


(Sono rimasta due minuti interi a rigirarmi tra le mani le due parti della tavoletta, fissandole con una certa emozione incredula...)

mercoledì 8 aprile 2015

Day 11

E così ho smesso di fumare. In un periodo in cui ero a corto di obbiettivi (che al livello psicologico per me equivale essere un tonno che si dibatte in 10 cm d'acqua)  ho deciso di farmi questo regalo e liberarmi dalle sigarette.

 Ora, superate prime tragiche 48 ore è tutto un conteggio dei miei progressi, un gratificarmi con denti più bianchi, capelli più profumati, pelle più bella (ma forse questa me la sto sognando), il fiato va meglio, invece la tosse ce l'ho ancora e la gastrite pure. Credo che per guarirle avrò bisogno di più tempo e di un posto da ricercatore, rispettivamente.

 Insomma, sono felice. La cosa che più mi rasserena è essere finalmente libera dalla mia inconfessabile seppur banale e prevedibile ossessione: la paura di morire per colpa delle sigarette, morire male e, prima di mancare prematuramente all'affetto dei miei cari, essere soggetto del seguente dialogo "le è venuto un cancro poverina" "fumava?" "eh sì" e quella insopportabile faccia contrita e saccente che in queste circostanze appare sul viso di chiunque, dico chiunque, non sia un medico e non sia un fumatore. Un rapido e triste pensiero va alla mia cara cara amica, morta ormai quasi 10 anni fa (morta di cancro ai polmoni e morta male) la cui nostalgia non fa che aumentare col tempo, perché sempre di più si accumulano le cose che avrei voluto condividere con lei e invece non mi è stato possibile.

 Ma c'è un aspetto irritante in tutta questa edificante vicenda: il motivo scatenante per cui ho smesso, l'ultimo affronto, l'ultima goccia è ancora lì, ridicolo e fastidioso. Mi brucia la lingua. Da due settimane. Sto tentando di tutto (diversi tipi di colluttorio, di alimentazione e di bestemmie), e invece nisba, quella sensazione di aver appena bevuto caffè bollente non mi abbandona. Cioè: mi dava così fastidio che ho smesso di fumare, e dopo aver compiuto questo estremo rito votivo, gli dei continuano a punirmi con la loro indifferenza, lasciandomi  in questo irritante limbo insapore. E... niente... dopo questa pubblica lagnanza vado continuare a lamentarmi in privato. Cià!