lunedì 31 ottobre 2016

Un giorno, un mese, una vita

Chi lo avrebbe mai detto?

Tre anni e mezzo fa, in occasione di quella breve visita da queste parti, mi capito' di fare una chiacchierata con un professore di qui; per altro non uno a caso, ma uno il cui libro di sistemi dinamici (scritto a quattro mani ma vabbeh) mi aveva scaldato il cuore quando ero al terzo anno di universita'.
Insomma, proprio lui mi disse di considerare l'idea di venire qui, che sarebbero stati felici di avermi se mai ne avessi avuta voglia.
Ricordo che annuii educatamente e ringraziai dicendo che ci avrei pensato ma non era vero: in quel momento avevo ben altri progetti, molto lontani dal nordamerica, il mio cuore era a 7650 km da Atlanta, metro piu', metro meno.
E non ho mai fatto mistero della mia antipatia nei confronti dell'Impero.
Eppure.

Eppure, finalmente, sono a casa.
La terronia statunitense mi si confa' assai piu' di quella canadese e non solo dal punto di vista climatico, che certo non e' fattore da trascurare.
Sembra impossibile ma e' cosi': nel grande sud dell'Impero, mi sento a casa come non mi capitava da tre anni e mezzo, come se tutto cio' che e' stato da quella prima visita non sia stato che un'enorme parentesi, una pausa dalla vita vera.
Ho trascorso qui poco piu' di due mesi e mi sento a casa come li', nell'Ontario del sud, non e' stato mai in quei due anni che mi son parsi eterni; e ho gia' piu' amici qui di quanti ne abbia mai avuti li'.

Ci sono stata davvero a Hamilton?, ero io quella che ha fatto amicizia con la ragazza che vendeva le mele al mercato?, e il Portoghese dell'olio era vero?, Gli O., Master H., la neve, il "mio" lago... e' successo davvero?
Si', e' successo davvero: se oggi sono la persona che sono lo devo anche al cielo basso e greve del sud Ontario, agli allenamenti, alle pedalate a meno venti, a York Boulevard.
Eppure.

Eppure a volte mi pare che non sia cosi'.
I ricordi del Canada scivolano dalla mente come acqua, impalpabili, quasi fossero finti.
Anche il contorno non sembra che una favola, una storia che non mi appartiene, raccontata da un'altra persona. Strana storia: era vera?, e' successo?, ero io?

domenica 2 ottobre 2016

Tycho @ Variety Playhouse - Atlanta

28 Settembre 2016

Non lo ho ancora capito se Atlanta e' come la Citta' (maiuscola, quella) ma di certo la sensazione e' che abbia molto da offire: il cielo e' blu, le foglie sugli alberi crescono rigogliose, la gente e' allegra e la vita si fa ogni giorno piu' entusiasmante.

Sto scoprendo inoltre le gioie vere di possedere uno smartphone: il mio rapporto con la tecnologia e' sempre leggermente freddo, ma quando il telefonino e' in grado di dirti quali concerti ci sono nel raggio di 10 kilometri da casa, non solo segnalando gli artisi conosciuti e amati, ma anche quelli che "forse ti interessa visto che ti piace XXX", e' chiaro che il mio cuore si riscalda.
Mercoledi' scorso, per l'appunto, il telefonino mi dice che, dato il mio interesse per gli Explosions in the sky, forse potrebbe per me aver senso andare a sentire i Tycho. "E chi sono i Tycho?", mi domando io... ma fiduciosa salto su un Uber e parto all'avvenutra.

Arrivo al Variety Playhouse e realizzo con orrore che lo spettacolo e' sold out.
Potrei decidere di tornarmene a casa ma a questo punto sono ancor piu' incuriosita: mi metto quindi fuori, insieme agli altri avventori dell'ultimo minuto, alla ricerca (sic!) di bagarini. Quando sono ormai sul punto di arrendermi sento due tipi dire a una coppia qualcosa come "noi abbiamo un biglietto in piu' ma solo uno e lo abbiamo pagato 90 dollari...". Mi inserisco "Novanta no per un gruppo che non ho mai sentito nominare: posso spingermi fino a 50". Ci stanno, gli do i 50 USD ed entriamo.

Una volta dentro ci separiamo e mi guardo intorno alla ricerca di un posto dove godermi lo spettacolo.
E' una specie di teatro, con una zona centrale dotata di polotrncine di velluto e due corridoi laterali e la zona appena sotto il palco per chi vuol ballare; cercherei una poltroncina ma sono tutte prese percio' mi apposto in uno dei due corridoi e aspetto.
Dopo un po' uno dei due tipi con cui sono entrata mi viene a cercare dicendo che hanno trovato tre posti a sedere e invitandomi a unirmi a loro: accetto volentieri, sembrano simpatici e di stare in piedi non mi va per niente.

Non e' il Canada ma e' comunque nordamerica e il ragazzo-spalla non si fa attendere.
Entra solo, agguanta una finta telecaster e suona quattro, forse cinque pezzi strumentali, con sapiente utilizzo del registratore-riproduttore di suoni a dar l'impressione che sul palco di chitarristi ce ne siano almeno tre che ripetono ossessivamente ritmi a meta' tra il folk e il post-rock.
Giovanotto interessante, alcuni passaggi fanno proprio godere le mie orecchie, ma purtroppo non riesco a scoprire come si chiama.

Al termine del tempo concessogli saluta ed esce.
Mentre i tecnici riassestano il palco, sullo sfondo viene proiettata la foto di un paesaggio alpino innevato e uno dei miei compagni di viaggio mi spiega che tutto il concerto sara' cosi', musica e immagini, che uno dei membri del gruppo (il "main guy", dice) e' anche curatore dell'artwork dei dischi, dei poster e cosi' via.

Non lasciano aspettare molto, siamo nelle americhe e domattina tutti si devono svegliare per andare al lavoro.
Entrano dunque i Tycho: batteria, moog, basso (ma a tratti suonera' anche una chitarra) e un altro moog (ma a tratti suonera' anche una chitarra).

Fanno un post-rock elettronico che mi fa pensare piu' agli Air che non agli Explosions in the sky, sono ipnotici nei loro ritmi pseudo-danzerecci e nei suoni morbidi e avvolgenti.
Le immagini sul fondo variano da paesaggi marini, figure caleidoscopiche, visioni oniriche, cieli infiniti, spazi profondi.
Mi torna in mente quella serata in Citta', in cui i Godspeed you! Black Emperor ci avevano ipnotizzati, e una volta di piu' capisco come le differenze climatiche possano influenzare la percezione dell'individuo sulla musica e sulla vita. Il collettivo di Montreal mandava immagini di freddo e tempeste, venti gelidi, calamita'; questi hanno dentro la luce californiana di chi gira in magliettina per dodici mesi l'anno, cosicche', con la loro musica di sottofondo, anche le montagne innevate sembrano un posto caldo, accogliente e felice.

Noi intanto seduti e ammaliati, muoviamo le teste e parte delle spalle; ci sarebbe di che ballare ma nessuno lo fa: anche quelli in piedi, sotto il palco, al massimo ondeggiano leggermente.

L'evvoluzione della musica colta mi colpisce.
Sto assistendo a uno spettacolo di cultura moderna, circondata da colto pubblico cittadino del sud-nobiliare dell'impero moderno, nella citta' dove ormai anche Hollywood si sta trasferendo per ragioni economiche.
E ci sono io, in mezzo a tutto questo, e penso a quelli che ascoltavano un concerto di Beethoven quando Beethoven era vivo ed era la novita', e chiamavano Mozart "classico" e Beethoven "barbaro moderno", ma ci andavano e se lo gustavano.
Poi uscirono le opere, che avevano le parole e quindi erano ancor piu' barbare agli occhi dei colti del tempo; finche' (orrore!) e' stata inventata la chitarra elettrica, e da li' si e' persa l'idea dell'evoluzione, si e' sentito uno strappo e non si e' capito che si trattava dello stesso tipo di processo.
Cambiando gli strumenti e' ovvio che cambi il modo di fare musica.
E in questi anni, finalmente, qualcuno sta prendendo in mano i sintetizzatori in modo ragionato per dire qualcosa.
Perche' la musica, quella vera, e' comunicazione.
E questi ragazzi ci comunicano un universo psichedelico e gioioso con cui entrare in comunione.
E c'e' di che chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare.

Nella pausa che precede il bis la gente intorno a me chiede a gran voce un brano, tutti lo stesso, evidentemente un grande successo; lo eseguiranno come secondo brano dell'encore e boh?, mi colpisce meno di altri, ma dovrei dargli un secondo ascolto piu' attento.
In ogni caso sono decisamente soddisfatta di cio' che sto ascoltando.

All'uscita comprero' un album a caso, anzi, l'unico in formato CD visto che gli altri erano solo in vinile (ah, i nuovi giovani radical-chic... devo comprare un lettore di vinili!) e prima o poi ve (ma voi chi?) ne rendero' conto.

Un altro Uber mi riporta a casa, sono le undici e mezzo, l'ora in cui sarebbe cominciato lo spettacolo se fossimo nella vecchia Europa; tutto sommato questo stile mi piace: domattina andro' al lavoro riposata e felice.
Bene.