martedì 21 marzo 2017

Edda - Graziosa Utopia [2017]

Sfondo giallognolo e un disegno stilizzato; i contorni di una ragazza con lunghi capelli marroni raccolti in una treccia, accovacciata con in mano uno specchio: indossa calzini rossi e un vestitino azzurro cortissimo, e la superficie riflettente dello specchio sembra rivolta proprio tra le gambe di lei. Una freccia parte dalle mani di lei e punta in alto verso un tondo verde all'interno del quale vi e' un'arancia, un'altra punta in basso verso un riquadro rosa all'interno del quale compare un gatto bianco e nero che beve latte da un piattino. Appena dietro, le linee di assi cartesiani a delineare il pavimento, la parete laterale e quella posteriore.

Play.

Non ce l'ho mai fatta a scrivere di "Semper biot", "Odio i vivi" o "Stavolta come mi ammazzerai". Sia chiaro, non che non ci abbia provato, li ho ascoltati a lungo (difficile fare diversamente con certi album), li ho lasciati entrare sotto la pelle... e forse e' proprio per questo non sono mai riuscita a trasformare in parole le mie impressioni: quegli abissi infiniti di tormento e dannazione hanno sempre frenato le mie dita e ogni bozza di recensione e' stata sistematicamente cestinata.
Vediamo se ci riesco questa volta.

Stefano "Edda" Rampoldi.
Accidenti a lui, alla sua voce roca e sgraziata che ti scartavetra lo stomaco, alla sua chitarra tagliente che ti ipnotizza, alla sua sincerita' oscena e graffiante che ti fa arrossire.

Album dopo album i brani assumono via e piu' una forma-canzone "canonica", il tono del cantato si fa sempre meno caricaturale, e piu' in generale assistiamo a una specie di standardizzazione dell'espressione, ma non ci si lasci ingannare dagli arrangiamenti quasi ordinari: l'essenza trasmessa da questo magnifico autore e' e si mantiene potente e destabilizzante.
Se la caricatura, la mancanza di grammatica sonora, erano un modo per distrarre da contenuti che altrimenti avrebbero ferito piu' di cento lame conficcate profondamente nella carne, oggi questo ruolo e' affidato a musiche piu' costruite e dotate addirittura di rifiniture elettroniche, a un rock cantautorale squisitamente italico in cui anche le sbavature sono rigorose.
E che rock signori!
La morbidezza della chitarra acustica nella traccia di apertura non e' che un inganno: tutto il disco trasuda rock raffinato, dai ritmi potenti, i bassi profondi e le armonie mai banali.
E giusto per farci capire dove sono le radici, a traccia sei (in un album di dieci canzoni, cosi', per dare le coordinate) addirittura scomoda vocalmente il "Ciao sono io" piu' famoso della storia della Canzone all'Italiana.

Dieci canzoni, dieci bombe a mano di pregevole fattura musicale. Provare per credere.

Ma.
Ma alla fine siamo sempre li', a conficcare un dito sporco di fango dentro una ferita profonda e ancora sanguinante, a denudare il proprio lato sensibile e fragile dietro una maschera di parole forti e nauseanti.
Si', "denudare dietro una maschera": Edda si nasconde mostrandosi, nascondendosi e' nudo.

Ecco, a mio personalissimo avviso, l'essenza di quest'uomo che canta di se' al femminile usando come pseudonimo il nome di sua madre: uno che innalza un gigantesco muro impenetrabile di aggressivita' verbale, di malcelata nudita' scomposta, per proteggere un uccellino sperduto che - bisbigliando - prega che qualcuno sfondi quel muro e gli dimostri che anche lui puo' essere amato.

Eggia', perche' chi lo sa se la sua paura e' quella di amare o piuttosto quella di essere finalmente accolto e amato in modo puro e genuino.

E in questo gioco di specchi uno dentro l'altro, in questo album piu' che mai mi appare chiaro che il fulcro del discorso di Edda sia racchiuso nel tema della verita': la verita' che manca, la verita' celata e quindi esposta, spogliata, mascherata da falsita', la verita' derisa per non sentirne il peso.
E che peso!
Perche' insomma, ci avete (ma voi chi?) fatto caso che "verita'" e' la parola piu' frequente nella discografia del Nostro?, E' sempre nudo, odia i vivi, si fa ammazzare... la verita' e' la sua utopia.
Dire la verita', spogliarsi davvero e non per gioco o esagerazione sguaiata, e' forse l'unico modo per essere davvero liberi. E provare schifo (!) per la propria verita' e sputarla via in mezzo a un mucchio di esagerazioni false e' il piu' perverso modo di violentarsi, di punirsi e privarsi della felicita'.

E poi ci sono io che ascolto.
In silenzio.
Io che penso.
E mi lascio scardinare.

...2017, ottima annata.


Lista delle tracce

Spaziale
Signora
Benedicimi
Ziguli'
Brunello
Un pensiero d'amore
Picchiami
La liberazione
Arrivederci a Roma
Il santo e il capriolo

martedì 7 marzo 2017

Paolo Benvegnu' - H3+ [2017]

Sfondo giallognolo di cartoncino sbiadito dal tempo. Un ideogramma cinese (tian, cielo) disegnato come con un pennello, con inchiostro rosso.

Play.

Caro Signor Benvegnu',
chiedo scusa, ti do del tu.
So per certo che hai letto quello che avevo scritto dopo il vostro concerto a Grottammare a Natale di due anni fa; lo so perche' tu stesso me lo hai detto dopo il vostro concerto a Roma a Natale di un anno fa, dal che ho immaginato che tu abbia poi letto anche cio' che avevo scritto in quell'occasione. Il fatto che tu ricordassi la mia recensione a distanza di un anno, di piu', che tu associassi immediatamente la parola "Toronto" al mio scritto e deducessi all'istante chi fossi mi aveva profondamente colpita: penso sempre di non lasciare grandi tracce del mio passaggio e quando capitano cose cosi', quando scopro di qualcuno che si ricorda qualcosa fatto/scritto/detto da me, resto sempre un po' a bocca aperta.
Mi sono spesso domandata se tu avessi cliccato qua e la' in quei post scoprendo cio' che avevo scritto di Earth Hotel (l'album piu' bello del 2014) o di Mr. Newman (l'EP piu' bello del 2015, la' dove il primo posto per l'album se lo aggiudicano Maroccolo e Rocchi di un soffio), o se le impressioni di questa bambina ti avessero lasciato intuire che effetto puo' fare l'ascolto della tua/vostra musica.

Caro Signor Benvegnu',
non sei completamente digiuno di scienza, lo ho capito dal modo in cui mi ascoltavi quella sera mentre provavo a spiegare grossolanamente il mio lavoro ad Andrea; non sei uno di quelli che si riempiono la bocca di frasi come "H3+ e' la molecola dell'universo" senza andare al fondo: hai intitolato il tuo album come il catione idrogenonio, una molecola che si' e' tra le piu' comuni dell'universo, che forse e' realmente importante per la creazione delle stelle, ma che soprattutto ha la peculiarita' di essere stabile solo la' dove la temperatura e la densita' di materia sono prossime allo zero, qualcosa che quindi si romperebbe, cesserebbe di essere se stessa (sic!), se vi fosse un po' piu' di movimento (temperatura ed energia cinetica sono infondo la stessa cosa) o qualora si trovasse troppo vicina ad altro. Non credo sia un caso, anche questo dettaglio mi parla.

Caro Signor Benvegnu',
io non so perche', ma va sempre a finire che parli a me, alla mia storia, alla fase che attraverso, anno dopo anno, album dopo album. Ma dimmi, chi ti ha dato il permesso di spogliarmi?, perche' quando canti "E cerco cio' che e' intatto. Astratto, sommerso. Sconfitto. Diverso. E cerco cio' che e' intatto, esatto, sommerso. Sconfitto. Diverso. Nell'imperfetto astratto." io ripenso a quella notte in cui vi ho raccontato il mio essere matematica, il mio andare a caccia di armonia nel rumore, di moti regolari che sopravvivono al caos. E sono sicura che non lo hai fatto intenzionalmente, pero' accidenti che impressione!
Cosi' come sono sicura che non e' intenzionalmente a me che ti rivolgi in "Se questo sono io", pero' te lo devo dire: e' a me che parli!, e mica e' carino sentirsi scoperti cosi'... e pensa, non so nemmeno se mi sembra piu' che parli di me che varco orizzonti soltanto per perdermi sempre o se parli a me, alla bambina che ti ascolta e sogna, quella che chiude gli occhi mentre cammina col fedele cuffione e tu sei invariabilmente li' con lei.
E so che non puoi immaginare il mio cammino, ne' come la Luce del Grande Sud del NuovoMondo (gia', niente piu' Toronto, ora vivo ad Atlanta, Signora del Sud) mi stia lentamente facendo rinascere. Gli errori, le paure, le frustrazioni, la fretta sciocca che di fatto rallenta, la ricerca continua di un'ascesa che pare irraggiungibile, lo schiantarsi e ripartire... non lo sai, ma certo che lo racconti proprio bene.

Caro Signor Benvegnu',
intendiamoci. Quando ho trovato il cartoncino dell'UPS sulla porta di casa tutto quello che sono riuscita a pensare e' stato "tra un po' avro' in mano l'album piu' bello del 2017" e mi sono emozionata. Mi hai/avete viziata: lo sapevo in anticipo e senza dubbio che me ne sarei innamorata.
E ascoltando, riascoltando, ancora e ancora, ogni volta entra un po' piu' a fondo e si', confermo: questo e' l'album piu' bello del 2017.

Caro Signor Benvenu',
ringrazio oggi piu' che mai il giorno in cui hai deciso di diventare un musicista, e ringrazio ancora di piu' il giorno in cui hai conosciuto Andrea Franchi, Luca "Roccia" Baldini, Marco Lazzeri e il nuovo arrivato Ciro Fiorucci (era suo il nome che non ho capito l'anno scorso a Roma?), tutti musicisti spettacolari, di notevole sensibilita' e tecnica squisita, cosi' come ringrazio il giorno in cui hai deciso di affidarti a Michele Pazzaglia e al suo gusto raffinato.

Cari Signori Benvegnu',
ecco, finalmente mi rivolgo a tutti voi chiedendo scusa per averci messo tanto: Paolo, Andrea, Luca, Marco, Ciro, Michele e collaboratori.
Avete scritto un disco meraviglioso sotto ogni aspetto: quelle divagazioni armoniche mi piacciono da pazzi, i bassi (tanto per cambiare) mi fanno girare la testa, il modo in cui avete usato quel pizzico di elettronica mi strappa sorrisi di ammirazione, i vostri ritmi mi seducono, i suoni che avete disegnato mi cullano... tutto, tutto, tutto concorre al mio benessere psicofisico.
Ringrazio Andrea per aver portato qui l'esperienza di Tanz!, gioiellino che chi non l'avesse ancora ascoltato dovrebbe senz'altro rimediare, lo ringrazio perche' ne riconosco il tocco in piu' punti e me lo godo fin nelle ossa, dall'arpeggio elegantissimo di "Victor Neuer" (piu' nuovo del Signor Uomonuovo) a tutti minuscoli giri ipnotici disseminati qua e la'.
Ringrazio Luca perche' se il basso di "Love is talking" mi si attorciglia addosso da sempre, se quello di "Avenida Silencio" mi strappa ogni volta una lacrima, quelli di "Goodbye planet Earth" (a proposito, la pronuncia sbagliata da sembrare "heart" non lo so se e' voluta, in effetti dubito, ma mi pare anche questo un ignaro tocco di classe) o di "Quattrocentoquattromila" sono semplicemente sublimi.
Ringrazio Marco perche' le sue dita di fuoco accarezzano le mie orecchie con dolcezza, perche' quel suo meraviglioso pianoforte di "Olovisione in parte terza" e' una delizia di note che si rincorrono con garbo, perche' gli archi DeGregoriani di "No drinks no food" mi riportano all'infanzia e alla dolcezza.
Ringrazio Ciro per i suoi ritmi sincopati, perche' e' l'ultimo arrivato e gia' dice egregiamente la sua.
Ringrazio Michele perche' ha un orecchio spettacolare, perche' se ascolto l'album ad occhi chiusi e' il mio corpo a diventare un'astronave e perdersi in questo mare di nero e stelle e note e benessere, e letteralmente lasciarsi andare tra echi e ritorni.
Ringrazio chiunque di voi abbia avuto l'idea di ritardare l'entrata in scena della batteria in "Macchine", tenendo le mie orecchie sospese ad aspettare su quel crescendo che si perde nel nulla e regalando poi soddisfazione quando finalmente esplode dopo l'intermezzo elettronico, per non parlare del lungo finale strumentale che e' gioia allo stato puro.
Ringrazio chi ha pensato la costruzione di "Boxes" e l'inquietudine blues che si porta dentro, cosi' come vi ringrazio per la serena accettazione di "Astrobar Sinatra", in cui l'abbandono si fa finalmente pace, e per la gioia pura di "Slow Parsec Slow", brano di bellezza colossale.
Ringrazio tutti voi, che confermate ancora una volta di essere Musica colta a tutto tondo, ringrazio la vostra vena cantautorale all'italiana che si ammanta di jazz e di elettronica senza perdere mai la sua essenza, la sua grazia, la sua dolcezza.
Ringrazio il vostro amore per la Terra e la Vita, riassunto nel gran finale salvifico che ti rimescola dentro e ti rimette in armonia col mondo.

Cari Signori Benvegnu',
oggi il mio unico rimpianto e' di essere a 8000km (metro piu' metro meno) di distanza da un vostro concerto, troppi per potervi ringraziare di persona; lasciatemi pero' esprimere il desiderio che portiate avanti il tour fino a Natale prossimo, perche' se per allora sarete in giro, in qualsiasi parte dello Stivale, mi troverete sotto al palco, a guardarvi con occhi spalancati, a far entrare la vostra musica nelle ossa, a lasciarmi avvolgere ancora una volta, come ogni volta.


Lista delle tracce

Victor Neuer
Macchine
Goodbye planet Earth
Olovisione in parte terza
Se questo sono io
Quattrocentoquattromila
Boxes
Slow parsec slow
Astrobar Sinatra
No drinks no food